L’equalizzazione è e resta l’essenza, il cuore della costruzione del suono, dal momento che essa modifica l’equilibrio delle frequenze e delle armoniche che esso contiene.
I controlli presenti sugli amplificatori possono aiutare in questo, ma spesso sono di tipo passivo o comunque agiscono su range (Q) relativamente larghi: a meno della presenza di una sezione di equalizzazione grafica o parametrica dedicata, dunque, non rappresentano un valido aiuto per scolpire efficacemente una timbrica che mostri qualche problema specifico da risolvere.
Ogni volta che si mette mano all’equalizzazione del proprio suono occorre porsi il problema di come essa condizionerà la percezione dello strumento all’interno del contesto della band e di che effetto essa avrà di conseguenza dal punto di vista del pubblico che ascolta. Questa attenzione è estremamente importante e necessaria ad impedire che i nostri interventi, se pure apparentemente migliorativi, possano al contrario diventare causa di problemi nuovi ed inaspettati.
Le frequenze dello spettro sulle quali agiamo sono per comodità e convenzione ripartite in settori:
Range | Frequenze |
---|---|
bassi profondi | < 60Hz |
bassi | 60-150Hz |
medio-bassi | 150-800Hz |
medi | 800Hz-1.2kHz |
medio acuti | 1.2-3kHz |
acuti | 3-8kHz |
super-acuti | < 8kHz |
Le frequenze fondamentali che fanno parte dell’estensione della chitarra vanno dagli 80 ai 1200Hz, ma sono da considerare anche le armoniche secondarie, che possono oltrepassare agevolmente gli 8kHz.
A seconda del tipo di filtri che avremo a disposizione sarà possibile isolare con maggiore o minore precisione il punto o i punti dello spettro sui quali sia necessario applicare modifiche. In questo, come già sottolineato in altre occasioni, i filtri di tipo parametrico non hanno rivali quanto ad efficacia.
Potrà invece risultare comodo intervenire con i semplici filtri di tipo “shelve”, per alleggerire o enfatizzare genericamente una sezione o un estremo di banda (bassi, medi, acuti).
Nella percezione sonora etichettiamo spesso con semplici descrizioni fenomeni o caratteristiche del suono che corrispondono a range di frequenze relativi sui quali agire con l’equalizzatore.
RIMBOMBO
Ci riferiamo di solito ad un’eccedenza di basse frequenze al di sotto della nota fondamentale che in molti casi può essere estremamente subdola, in quanto non direttamente percepita come frequenza specifica, ma in grado di sommarsi facilmente alle frequenze portanti del basso o dei bassi delle tastiere, facendo risultare la chitarra confusa e poco intelligibile. Nel mix di una band l’enfatizzazione delle frequenze al di sotto dei 60-70Hz (regno incontrastato del basso e della cassa della batteria) può essere spesso fonte di problemi e pertanto consigliabile solo in casi di grave carenza. Nell’uso generale si tende piuttosto ad alleggerire questa parte dello spettro per evitare, appunto, il “rimbombo” e quindi occorre prestare molta attenzine specie quando si voglia accentuare il cosiddetto “punch”, cioè la presenza delle basse sull’attacco delle note, specie in caso di suoni distorti e di esecuzione in “palm muting”.
PUNCH
Specialmente nei suoni distorti si riferisce alla sensazione di “potenza” che il suono comunica nella gamma compresa tra bassi e medio-bassi (100-500Hz). Va gestita con molta attenzione perché da un lato confina, quindi facilmente sconfina, con i problemi di intelligibilità sonora appena visti nei casi di rimbombo, dall’altro deve condividere lo spettro con strumenti particolarmente percepiti, come la gamma bassa del rullante della batteria e buona parte del range del basso. Non ultimo il fatto che questo è un range diffusamente occupato dalle frequenze della chitarra stessa, per cui al momento della sua modifica occorrerà tenere conto dell’eventualmente presenza di altre chitarre nel contesto.
PRESENZA
Definisce il grado di percezione del suono all’interno del contesto musicale nel quale è inserito e la si controlla agendo su una regione dello spettro abbastanza ampia, che comprende quasi l’intera gamma di medio-bassi ed acuti (2-8Khz).
E’ anche la zona dello spettro nella quale è possibile caratterizzare il suono nei modi più diversi e personali, per cui rappresenta spesso un range chiave per ottenere risultati.
All’interno di tale range di frequenze si trova anche buona parte dell’area di massima sensibilità dell’orecchio umano. Va dunque gestita con attenzione la tendenza dell’orecchio a considerare piacevole un’attenuazione in tale gamma (1-3kHz) che porta inevitabilmente con sé un calo drastico della percezione dello strumento e della sua intelligibilità all’interno del contesto musicale.
A volte una maggiore presenza di gamma media, che ascoltando il suono da solo potrebbe apparire quasi eccessiva, si rivela al contrario la garanzia di una presenza ottimale dello strumento eliminando in molti contesti la necessità di alzarne il volume.
Le cose da tenere sotto controllo variando l’eq della chitarra in questo range sono molte: abbiamo infatti la presenza delle frequenze più percepite della voce e dei synth, nonché dei “ferri” della batteria (hi-hat, piatti…). Conviene evitare interventi a largo raggio, preferendo correzioni più mirate e specifiche di range contenuti che vadano inibiti o enfatizzati, a meno di interventi con filtri shelve limitati a schiarire o scurire il suono nel suo complesso senza eccedere nel valore in dB (specie in caso di suono distorto).
CALORE
Difficile da definire in maniera concorde tra una persona e l’altra, questa caratteristica sonora si esplicita al meglio nella gestione della gamma media, da tenere lievemente avanti, unita però a medio-acuti tenuti appena indietro e ad acuti non esasperati. Lo scopo è ottenere un suono presente, ma non troppo aggressivo e sopratutto continuando ad evitare che le facili tentazioni di enfatizzare le frequenze basse o di inibire le medie portino a spiacevoli effetti di rimbombo o di mancanza di presenza ed intelligibilità.
CONSIDERAZIONI FINALI
Va da sé che ogni singolo intervento sull’equalizzatore sarà fortemente dipendente da una serie di motivazioni e fattori non generalizzabili.
Essi vanno dallo stile esecutivo e genere suonato, alle caratteristiche dello stumento e della strumentazione impiegati, fino al contesto sonoro nel quale ci si muove, il tutto filtrato dalle esigenze e dal gusto personali.
E’ chiaro quindi che fatte salve le linee generali che ho cercato di precisare in questa guida non esistono in assoluto l’intervento “giusto” o quello “sbagliato”. Quello che è però importante considerare è che il suono del nostro strumento preso da solo e quello considerato nel contesto di una band sono cose diverse che non vanno confuse: nel secondo caso, si tratti di una registrazione in studio o di un concerto dal vivo, si verifica un processo di somme ed annullamenti di frequenze che non può essere ignorato e che condiziona le scelte. In generale, poi, non è una buona scelta quella di affidarsi all’equalizzatore per ogni aspetto della costruzione del timbro. Gran parte del lavoro deve essere infatti ripartito tra il musicista, la scelta del giusto strumento ed il corretto trattamento ed amplificazione del suo segnale, fino alla ripresa microfonica.
Soltanto in questo modo l’equalizzatore potrà essere usato come “scultore” e come ausilio creativo nei confronti di un suono di qualità già in partenza.
In caso contrario i risultati appariranno sempre artificiosi e sostanzialmente innaturali.