Anatomia di un humbucker

In principio era il singlecoil.
Parafrasando bonariamente l’incipit di un “famoso testo” potrei sommariamente descrivere in questo modo la storia dei primi vent’anni della trasduzione elettromagnetica. Essa vede protagonisti assoluti, dalle steel guitars alle archtops, i pickups magnetici a bobina singola!

PARTE PRIMA: STORIA E TEORIA DI BASE

Lo sviluppo e l’evoluzione dei nuovi generi musicali determinò la necessità di elevare il volume della chitarra elettrica. Tale esigenza stimolò la ricerca sulla progettazione di amplificatori e speakers più efficienti. Eliminare il rumore della corrente di rete, captato in aria come interferenza dai pickup, si manifestò per la prima volta come un target prioritario.

fig.1 progetto originale dell’humbucker – manoscritto di Seth Lover del 1955

Negli anni ’50, una scoperta del tutto casuale cambiò il corso della storia della musica. I chitarristi adottarono la condizione di non linearità degli amplificatori a valvole che comunemente chiamiamo “distorsione” come un vero e proprio mezzo espressivo ed ottenerla con facilità richiese trasduttori potenti. Quest’esigenza doveva fare i conti con l’aumento del famigerato “hum” ovvero il “rumore di rete”, che se sul suono pulito poteva ancora essere tollerato, in distorsione si dimostrava davvero invadente e fastidioso.

Fu così che dalla brillante mente di Seth Lover, valente ingegnere incaricato dalla Gibson di tentar di risolvere il problema, nel 1955 scaturì il progetto di un nuovo e più potente pickup, che per la sua capacità di cancellare il rumore di fondo, si chiamò “humbucker” (fig.1).

fig.2 struttura e parti di un pickup humbucker

L’idea alla base del progetto di Seth Lover fu semplice, ma geniale.
Al classico avvolgimento singolo egli sostituì due bobine gemelle, affiancate ed avvolte attorno a due diversi traferri (i nuclei metallici attorno ai quali si avvolgono le bobine). In un caso l’avvolgimento si sviluppava attorno a sei cilindri di materiale ferromagnetico, nell’altro attorno a sei viti ferromagnetiche regolabili individualmente in altezza (le espansioni polari).

La scelta era dettata dalla necessità di compensare i volumi delle singole corde, caratterizzate all’epoca da una resa poco omogenea. Entrambi i traferri delle bobine erano posti a contatto con un’unica barra magnetizzata di alnico (una lega di Alluminio, Nickel, Cobalto e tracce di altri metalli, in grado di mantenere nel tempo un campo magnetico indotto), posta sotto le bobine, tenute insieme da due spessori e da una base di lamiera piegata (fig.2).

L’intera struttura risultava poco protetta e comunque poco accettabile per l’estetica dell’epoca, per cui si pensò di inglobarla in una copertura metallica, realizzata in una lega di Nickel e Argento, cromata o dorata, dalla quale sporgevano le teste delle sei viti.

Questo nuovo tipo di trasduttore, impiegato dalla Gibson dal 1957 in poi con l’acronimo di PAF (Patent Applied For), dovuto alla temporanea mancanza di disponibilità del numero di brevetto e tuttora, nelle sue molte e successive incarnazioni, risulta montato su una gran parte delle chitarre elettriche in commercio.

COME TI CANCELLO IL RUMORE

Quale meccanismo rende questo tipo di trasduttore in grado di eliminare il ciclo di rete a 50/60 Hertz? Un’accortezza tanto semplice quanto efficace sta dietro il raggiungimento dell’obiettivo. Le due bobine che compongono la struttura sono infatti opposte di polarità magnetica e collegate in modo che il flusso elettrico percorra in senso orario l’una, antiorario l’altra (fig.3).

Per capire come questa cosa funzioni, occorre tenere conto di alcuni fenomeni: i pickups producono segnale grazie ad una corrente elettrica indotta ai capi delle bobine dal movimento della corda all’interno del campo magnetico permanente da essi generato. Dato che la corda oscilla simmetricamente attorno al suo punto di quiete, la corrente elettrica che il suo movimento induce nel pickup è di tipo alternato. Ciò significa che essa cambia di polarità continuamente, presentandosi senza un segno dominante positivo o negativo.

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L’interferenza elettromagnetica (generata ad esempio da un neon, dai trasformatori di un amplificatore o dal tubo catodico di un monitor da pc, oppure presente nella rete elettrica con frequenza di 50 o 60Hz) investe le due bobine contemporaneamente con identica forma e valore non è condizionata dalla polarità del campo magnetico. La fase elettrica inversa delle due bobine trasforma quindi quest’onda in due copie identiche e tra loro speculari.

Il valore finale dell’interferenza, frutto della somma del segnale delle due bobine, risulterà quindi nullo. La corrente alternata generata dal movimento della corda in ciascuna bobina viene invece invertita sia dalla polarità magnetica che dalla fase elettrica. Essa si presenta quindi identica nei due avvolgimenti nello stesso istante, risultando in fase ed ulteriormente raddoppiata di valore (fig.4).

Questo stratagemma ingegnoso, paga un prezzo per essere messo in atto. Le lunghezze d’onda che rientrano nella distanza tra le due file di poli (finestra magnetica) risultano inibite come interferenze causando una perdita di frequenze acute. Il fenomeno, unito all’ulteriore effetto di cancellazione causato dal valore della capacità elettrica del pickup è causa di una risposta in frequenza più limitata rispetto a quella di un pickup a singola bobina.

PARTE SECONDA: STRUTTURA E COLLEGAMENTI

La struttura di un humbucker, come abbiamo visto consta di due bobine gemelle, dalla polarità magnetica e dalla fase elettrica inversa l’una rispetto all’altra, assemblate in tal modo allo scopo di eliminare i disturbi e far passare un segnale esente da interferenze.

Ogni singola bobina è costituita da un avvolgimento di conduttore in rame che ha un inizio ed una fine definiti tali solo per convenzione (i terminali “Hot” e “Cold”), in quanto sono in realtà perfettamente intercambiabili. Il loro collegamento a massa o al circuito, infatti, determina semplicemente la fase elettrica del segnale generato.

Gli humbuckers in circolazione sono di norma a due, tre o quattro conduttori. Questo significa che nonostante siano sempre dotati di quattro terminali, non sempre essi sono lasciati uscire tutti singolarmente dalla struttura del trasduttore.

SERIE

Il normale collegamento di un humbucker in serie prevede che la prima bobina sia collegata “in cascata” alla seconda: i due terminali sono saldati tra loro ed isolati dal circuito (fig.1).

Dal pickup possono uscire solamente il terminale “hot” e il “cold”, mentre i due terminali saldati restano all’interno della struttura. Questa è la soluzione adottata dai cosiddetti humbuckers a due conduttori, che rende il pickup immune dai disturbi e gli fa generare il classico timbro potente e scuro, non molto ricco di armoniche alte, come si può vedere dall’analisi dello spettro.

Se ai due terminali saldati e rimasti nascosti colleghiamo un terzo cavo in uscita, otteniamo un pickup a tre conduttori. (fig.2)

SPLIT

Questa soluzione permette di escludere dal circuito una delle due bobine (split), perdendo così la facoltà di eliminare i disturbi, ma trasformando allo stesso tempo il pickup in qualcosa di abbastanza simile ad un singlecoil.
Tale similitudine dipende dall’efficienza dell’humbucker, dal valore della sua capacità elettrica e da quello della sua induttanza, che sostanzialmente si dimezza. La perdita di volume è consistente, ma anche il cambio di sonorità si nota con evidenza, rendendo il suono del pickup meno potente, ricco di frequenze alte e più espressivo.


Tuttavia, vuoi per la presenza fisica della seconda bobina (sia pure isolata dal circuito), vuoi per la posizione lungo il diapason della bobina che suona, spesso diversa da quella di un ipotetico trasduttore a bobina singola, non è facile ottenere un feeling da vero singlecoil da un humbucker splittato. Esso paga a seconda dei casi un prezzo più o meno percepibile in termini di resa dinamica e in colorazione timbrica. Nonostante ciò, appare evidente dall’analisi come tornino presenti le armoniche più alte, grazie alla più estesa sensibilità della singola bobina, a fianco di una perdita di livello di uscita.

Se ad ogni capo delle bobine corrisponde un terminale disponibili anche in uscita si ha un humbucker a quattro conduttori. (fig.3)


Questa configurazione risulta di gran lunga la più versatile, perché permette tutti i tipi di collegamento fin qui descritti, ai quali si aggiunge l’interessante possibilità del collegamento in parallelo.

PARALLELO


Si considerano in pratica le due bobine come due entità separate, quasi che fossero due singlecoils affiancati, collegandole entrambe contemporaneamente a massa e al circuito della chitarra. In questo modo si conserva la funzione di annullamento delle interferenze, pur perdendo comunque volume e presenza.

Il suono resta appena meno ricco di armoniche rispetto a quello di una sola bobina, quindi molto simile a quello di un pickup singlecoil, grazie al fatto che anche in questa configurazione il valore dell’induttanza è molto basso. Questa modalità è dunque molto interessante dal punto di vista sonoro, sebbene è utilizzata meno frequentemente rispetto allo split.

TEST AUDIO

Quelli che seguono sono due esempi della resa audio dei collegamenti che abbiamo descritto.

Il primo sample mostra la differenza del livello dei disturbi nelle tre modalità di collegamento: SERIE, SPLIT, PARALLELO su un suono pulito:

Il secondo sample esemplifica la differenza di resa timbrica delle tre modalità sempre nello stesso ordine: SERIE, SPLIT, PARALLELO, ma utilizzando una distorsione:

In entrambe le registrazioni la chitarra utilizzata è una Ibanez AS200 del 1988, pickup al manico (I-SPIRA Replica), registrata in diretta su PC da un LINE6 POD 2.0 senza alcuna elaborazione successiva del segnale.