Sono la parte dello strumento con la quale più si entra in contatto fisico.
Costituiscono l’elemento che induce la vibrazione che il piano armonico amplifica generando il suono in ambiente negli strumenti acustici.
Sono responsabili della variazione del campo magnetico che consente ai pickup di generare il segnale negli strumenti elettrici.
Eppure non sempre i musicisti le conoscono bene o dedicano loro sufficiente attenzione.
Questo articolo nasce dall’intenzione di tentare di far luce sull’argomento, anche se solo parzialmente!
CORDE DIVERSE PER SCOPI E STRUMENTI DIVERSI
Chiariamo innanzitutto che le corde non sono tutte uguali.
Le corde per chitarra elettrica o per basso, ad esempio, sono differenti tra loro ed a loro volta da quelle usate per la chitarra acustica, classica o per gli strumenti ad arco.
La chitarra classica utilizza corde un tempo realizzate in budello animale ed oggi costituite da un singolo filo (1a, 2a e 3a corda, cioé i cantini) prodotto da una miscela a base di nylon o di un trefolo di sottili fili (sempre in nylon) ricoperto da uno strato metallico spiralato di rame, che può essere a sua volta placcato in argento o in bronzo. Si tratta di corde create per produrre un suono caldo e per essere estremamente flessibili. La loro struttura non le rende molto resistenti, per cui tendono a schiacciarsi e a rovinarsi in breve tempo all’altezza dei punti di contatto con i tasti.

Esistono oggi corde per chitarra classica più robuste, realizzate in un polimero alternativo a base di fluorocarbonio. Il loro suono è però molto brillante, il che le rende da un lato adatte ai concerti dal vivo, dall’altro meno godibili nelle registrazioni.
Le corde per strumenti ad arco sono similari a queste per struttura, ma ancor meno resistenti allo schiacciamento. Esse non sono infatti progettate per entrare a contatto con tasti metallici (assenti sulle tastiere degli strumenti ad arco), ma per reagire con la massima flessibilità possibile al contatto con l’archetto in movimento. Posseggono tutte un nucleo costituito da un trefolo microfilare, attualmente realizzato in nylon, ricoperto da una lamina metallica.

CORDE PER CHITARRA E BASSO
La struttura delle corde per chitarra o per basso elettrico si basa sulla presenza di un nucleo compatto in acciaio (ricoperto o meno a seconda della sezione o della tipologia della corda). Questa caratteristica le rende assai più resistenti ed immuni da deformazioni dovute all’utilizzo, dal momento che la pressione esercitata dalla mano non è certo in grado di influire su un tondino di acciaio puro. E’ invece possibile (o meglio, accade regolarmente) che con l’uso prolungato si creino danni nel più debole rivestimento metallico avvolto attorno al nucleo, il cui contatto sotto pressione determina a sua volta il graduale consumo del tasto sottostante.
I CANTINI
Le prime tre corde delle mute per chitarra, ovvero le più sottili, sono dette “cantini”.
La 1a e la 2a, così come la 3a nel caso della chitarra elettrica e classica, non prevedono alcun tipo di rivestimento esterno e sono costituite dal solo nucleo di metallo ferromagnetico oppure, nel caso della chitarra classica, da un filo di nylon che ha sostituito il budello animale utilizzato in passato.
Data la loro massa limitata sono le corde più brillanti, ma anche quelle più soggette a deterioramento rapido. Le cause stanno nelle deformazioni al contatto con i tasti per quanto riguarda il nylon impiegato nella chitarra classica, mentre risiedono nell’ossidazione ad opera del sudore e dei fattori ambientali negli altri casi.
Per compensare, alcuni costruttori utilizzano trattamenti galvanici che prolungano efficacemente la resistenza agli agenti ossidanti, altri ancora commercializzano i cantini in custodie ermeticamente chiuse per evitarne l’ossidazione altrimenti possibile ancora prima del montaggio sugli strumenti.
CORDE RICOPERTE
6a, 5a e 4a corda nelle mute per chitarra elettrica, assieme alla 3a nelle mute per chitarra jazz o per acustica, così come tutte le corde delle mute per basso elettrico, sono dette “ricoperte”.
Sono costituite da un nucleo monoblocco di metallo ferromagnetico e per questo, oscillando, sono in grado di perturbare il campo magnetico presente nei pickup: si tratta di norma di acciaio o di nickel.
Fanno eccezione soltanto le corde per chitarra classica il cui nucleo, come abbiamo visto, non è ferromagnetico e quindi non permette loro di far generare segnale ai trasduttori di tipo magnetico.
Il nucleo delle corde ricoperte è nato storicamente a sezione circolare. In seguito alcuni produttori si sono accorti che un’anima dotata di spigoli vivi era più funzionale a far aderire il rivestimento esterno, nonché a farlo avvolgere con maggiore regolarità. Recentemente gran parte dei costruttori di corde ha optato per questo tipo di soluzione, impiegando un nucleo a sezione esagonale.
A fronte di una durata della vibrazione lievemente minore e di una timbrica più brillante, il nucleo esagonale offre un attacco più pronunciato alla nota e crea una maggiore uniformità sonora lungo tutta la lunghezza della corda.

Attorno a tale nucleo è avvolto un sottile rivestimento (anch’esso metallico, ma non sempre ferromagnetico), la cui composizione chimica può variare a seconda che si tratti di acciaio, nickel o cromo puro, acciaio rivestito in nickel oppure, nel caso di corde per chitarra acustica, di bronzo o di una lega di bronzo e fosforo.
I diversi materiali impiegati per la ricopertura danno luogo a sonorità lievemente diverse delle corde stesse. Nelle corde per strumenti elettrici l’acciaio è tendenzialmente più brillante del nickel e del cromo, che risultano più caldi ed equilibrati. Nelle corde per acustica il rivestimento in bronzo è quello che dona maggiore apertura sulle armoniche alte, mentre la lega con il fosforo (bronzo fosforato) garantisce meno propensione all’ossidazione al prezzo di una lieve perdita di brillantezza.
TIPOLOGIE DI RICOPERTURA
La sezione del filo di ricopertura può avere a sua volta forme differenti. Nel caso di sezione circolare abbiamo le corde cosiddette “roundwound“, le classiche “zigrinate”. Sono le più brillanti ed anche quelle maggiormente diffuse. Se il profilo risulta appiattito nella parte che guarda verso l’esterno rispetto al nucleo si hanno le cosiddette “halfround“, corde prive di rumore di scivolamento che risultano lisce al tatto pur mantenendo rigidità simile alle roundwound ed una timbrica appena meno brillante. Se il profilo è infine a sezione rettangolare abbiamo le corde di tipo “flatwound“, totalmente lisce, meno flessibili, ma dalla maggior durata. Esse trovano impiego preferibilmente negli strumenti per il jazz per il suono tipicamente morbido che creano.

I DOPPI AVVOLGIMENTI DEL BASSO ELETTRICO
Le corde per basso elettrico, pur mantenendo caratteristiche similari a quelle appena viste, hanno la necessità di accrescere la massa per enfatizzare la gamma bassa delle armoniche. Per questo, indipendentemente dalla loro sezione, sono costituite da due o più strati di filo avvolto sul nucleo. Ad un primo strato sottile se ne sovrappone un secondo, più esterno, di spessore variabile a seconda della sezione della corda. In realtà in alcune zone, come ad esempio quella che viene a trovarsi vicina alle sellette del ponte, i costruttori aggiungono anche ulteriori strati di rivestimento allo scopo di incrementare la massa metallica in quella zona.

LE SEZIONI
Le corde sono commercializzate in spessori diversi e sono spesso abbinate in set (anche chiamati “mute”) impostati per coprire range di sezioni variabili.
Considerando la prima corda nelle mute per elettrica ci si muove tra diametri che vanno da .008 fino a .013 pollici, da .009 a .014 nelle mute per acustica e jazz.
Corde più sottili applicano meno tensione al manico, risultano più flessibili e quindi più cedevoli ai bendings, ma tendono a suonare meno “spesse” nella gamma bassa. I cantini si ossidano velocemente e sono più facili alle rotture.
Corde più spesse hanno caratteristiche opposte: sono più rigide e quindi meno cedevoli, ma danno più volume e permettono spesso di abbassare maggiormente l’action dello strumento, dal momento che il loro fuso di vibrazione è meno ampio.
Per la sesta corda della chitarra si può arrivare a sezioni da .054 o anche maggiori se ci si riferisce alle chitarre con 7 o più corde diffuse in ambito metal.
Nel basso gli spessori sono di media assai maggiori e si va da diametri .022 per i cantini fino a sezioni da .130 ed oltre per le basse degli strumenti a 6 corde o più.
PERCHE’ LE CORDE SI DETERIORANO
Il deterioramento delle corde è dovuto a più fattori, il primo dei quali è senz’altro l’ossidazione.
La superficie metallica viene a contatto con l’umidità dell’aria (il fattore ambientale gioca un ruolo primario nel determinare tempi ed entità di tale fenomeno) e con la pelle delle dita. Mentre le dita si muovono sulla tastiera la mano suda e la composizione chimica del sudore, così come la sua quantità, influiscono sull’entità dell’ossidazione che si formerà sulle superfici esposte al contatto.
La pelle tende a rilasciare detriti di varia natura, essenzialmente sporcizia e cellule epiteliali morte che si staccano per abrasione e contatto con il rivestimento “zigrinato” delle corde e durante lo scivolamento sui tasti. Oltre a depositarsi sulla tastiera parte di questa sporcizia va ad incastrarsi tra le spire della ricopertura delle corde, rendendola più rigida, pesante e meno uniforme, sia per spessore che per massa. Come già accennato più sopra nei punti di contatto con i tasti a lungo andare si creano lesioni e deterioramenti della struttura del filo che riveste le corde ricoperte, le quali aggravano ancora di più la condizione di disomogeneità della struttura della corda stessa.

Questo insieme di fenomeni fa sì che la vibrazione della corda mostri nel tempo delle crescenti anomalie: perdita di regolarità e di durata, inibizione a riprodurre le armoniche più alte (leggi: perdita di brillantezza) nonché progressiva difficoltà a vibrare correttamente alle frequenze alte, cosa quest’ultima che causa le stonature calanti nella parte alta della tastiera tipiche delle corde molto usurate.
LE CORDE “RIVESTITE”
Esistono trattamenti specifici per poter far durare le corde da 5 a 6 volte di più rispetto alla norma. Le corde così modificate sono dette “rivestite”, in inglese “coated”.

Le corde “coated” sono trattate con un rivestimento protettivo realizzato immergendole in un polimero plastico. Esso può essere applicato sul solo filo di rivestimento oppure sull’intera struttura della corda assemblata.
Tale polimero svolge una duplice funzione. Da un lato impedisce il contatto della struttura metallica della corda con l’aria e con il sudore delle mani preservandola dunque dai due principali fattori di ossidazione. Dall’altro lato evita che sporcizia e detriti della pelle si accumulino tra le spire del rivestimento esterno, prolungando la capacità della corda di vibrare liberamente e a lungo.

Il rivestimento plastico non è applicato ai cantini, per i quali i produttori optano per un trattamento anticorrosione di natura galvanica. In pratica sull’acciaio sono depositati vari strati di metallo inossidabile (zinco, nickel o simili) per uno spessore di qualche micron. In questo modo si allunga la vita anche di queste corde impedendone l’ossidazione fin quando l’integrità del rivestimento protettivo non viene meno.
IL CONSUMO DEI TASTI
E’ perfettamente normale che l’uso di uno strumento prolungato nel tempo sia accompagnato da una percentuale crescente di usura dei tasti. Lo sfregamento tra elementi metallici, appesantito dalla pressione esercitata dalla mano dell’esecutore, porta infatti inevitabilmente ad un consumo nei punti di contatto.
Evidentemente un ruolo chiave in questo processo lo gioca il materiale nel quale i tasti dello strumento sono realizzati, che è solitamente una lega di metalli. La durezza di tale lega, assieme all’energia dell’esecuzione determinano tempi ed entità del consumo.
In merito però all’utilizzo specifico delle corde “coated” qualcuno paventa la creazione di deformazioni in corrispondenza dei tasti che causerebbero un consumo anomalo degli stessi. La causa è individuata in un’ovalizzazione della sezione della corda dovuta al suo schiacciamento sopra i tasti, assieme alla sfilacciatura del rivestimento plastico esterno in corrispondenza degli stessi punti. L’elemento responsabile del danno che si crea sarebbe il maggior numero di ore di utilizzo che tali corde permettono rispetto alle corde non protette. Sia pure spalmato nel tempo e non presente in tutti i casi, il danno in questione è considerato da alcuni di importanza sufficiente a rendere sconsigliabile l’utilizzo delle corde rivestite in favore di quelle non trattate.
Non ho mai rilevato problemi di questo tipo nella mia esperienza personale (tanto nel caso di miei strumenti, quanto in quello di strumenti di altri che per quasiasi ragione siano passati dal mio laboratorio in questi vent’anni), ma dato che si trovano segnalazioni di questo genere risalenti anche a parecchi anni addietro , sono partito dall’assunto che essi possano avere fondamento, provando ad analizzare il problema in modo per quanto possibile razionale.
UNA SEMPLICE ANALISI
La prima cosa che si nota osservando una corda “coated” è che il polimero plastico impiegato, per quanto consumato, indebolito o sfilacciato, non ha la durezza, nè la capacità abrasiva necessarie per competere con il più debole dei tasti in metallo (silver-nickel): per accertarsene basta prendere tra le dita uno sfilaccio di quelli che a corde finite e solo in casi limite si creano in corrispondenza dei tasti o della zona di plettrata e saggiarne rigidità e resistenza alla pressione.
La responsabilità del consumo andrà dunque ricercata nel contatto tra materiali più duri… ad esempio un connubio metallo-metallo, reso più traumatico da una mano particolarmente energica, così come accade nel caso delle corde non protette.
Tale contatto può avvenire però solo alla fine della vita di una corda “coated”, mentre si verifica fin dal primo istante di utilizzo di una corda non rivestita.
La differenza si applica tra l’altro alle sole corde ricoperte dal momento che i cantini, come già detto in precedenza non sono mai rivestiti, ma semmai protetti da un trattamento galvanico di pochi micron.
Inoltre, nel momento in cui il polimero plastico si frammenta o lascia addirittura scoperti brevi tratti di corda che toccano i tasti, siamo di fronte ad uno stadio di usura della corda talmente avanzato da pregiudicarne abbondantemente l’utilizzo.
La vibrazione è infatti resa irregolare dai cambi repentini di sezione, di profilo e dalle differenze di rigidità dei vari tratti: le corde non riescono più a mantenere una corretta intonazione per tutta la tastiera ed anche sotto le dita la sensazione che regalano è decisamente poco confortevole.
Dovrebbero essere già state sostituite da tempo, indipendentemente dal fatto che siano protette o meno dalla corrosione!
UN’OPPORTUNITA’ DI CONFRONTO
Su alcuni dei miei strumenti personali ho montato da sempre corde coated. Al contrario su altri hanno albergato solo corde non trattate. In tutti i casi la scalatura che uso è sempre .010-.046 e si tratta di strumenti con oltre dieci anni di utilizzo alle spalle, anche se quello che monta corde coated è stato da me usato per un maggior numero di ore rispetto all’altro. Mi è sembrato quindi interessante mettere fotograficamente a confronto lo stato dei rispettivi tasti (usurati dalla stessa mano, cioè la mia) osservando la stessa zona di tastiera: ho preso ad esempio il terzo tasto realizzando delle macrofotografie.


Le zone cerchiate in verde corrispondono al punto di contatto della 4a corda ricoperta, cioè il Re. Alla loro destra si può invece vedere il punto di contatto della 3a corda non ricoperta, cioè il Sol.
Il consumo della zona occupata dalla 3a corda appare più o meno equivalente in entrambe le immagini, appena più pronunciato nella foto di dx, coerentemente con il maggior di ore di utilizzo relative allo strumento. Al contrario, il consumo della zona del tasto occupata dalla 4a corda ricoperta si evidenzia maggiormente nello strumento sul quale sono montate da sempre le corde di tipo tradizionale, nonostante l’utilizzo meno massiccio, a riprova del fatto che il rivestimento plastico preserva in realtà il tasto dall’usura, piuttosto che accentuarla.
I RISULTATI
Alla luce di tutti i fattori esaminati posso concludere che alla maggior durata di una muta di corde rivestite non corrisponda sistematicamente un’usura anomala dei tasti.
Com’è giusto che sia, l’usura sarà più o meno veloce ed intensa in funzione della durezza dei tasti stessi e della pesantezza di tocco delle mani del chitarrista, qualsiasi sia la tipologia di corda.
In caso di corde coated si avrà piuttosto un’usura meno accentuata a livello delle corde ricoperte, poiché protette per la maggior parte del tempo dal polimero plastico. Nel caso dei cantini il consumo sarà invece analogo a quello causato dalle corde non trattate.
Tale consumo dei cantini aumenterà in modo impredicibile in tutti i casi di utilizzo improprio, continuato cioè dopo che l’ossidazione delle corde abbia preso piede rendendo la loro superficie particolamente abrasiva.
In quasi un decennio di interventi non mi è mai capitato di trovare corde rivestite ridotte in simili condizioni nemmeno dopo svariati mesi di permanenza sullo strumento. Viceversa ho avuto spesso a che fare con mute non rivestite ancora montate nonostante le condizioni delle corde incredibilmente deteriorate.
I casi limite sono sempre dietro l’angolo, insomma, ma a maggior ragione ci si dovrebbe preoccupare delle corde non protette!
Direi dunque che la causa dell’eventuale consumo eccessivo dei tasti sia da ricercare nel fatto che alcuni proprietari di strumenti non si rendono conto di quando sia ora di cambiarle, più che nella tipologia delle corde in sé. L’utilizzo di corde tradizionali o coated può dunque essere considerato una scelta soggettiva da compiere in piena serenità, in funzione delle esigenze, dei gusti e dell’utilizzo più o meno frequente che di uno strumento si fa o si intende fare.
LA PROFILASSI

E’ buona norma sostituire le corde non appena appaiono usurate o ossidate: prima di tutto perché limitano la suonabilità e le prestazioni degli strumenti dando luogo a timbriche impoverite e stonature involontarie, non secondariamente perché inducono un consumo dei tasti più accentuato e meno regolare di quello originato dal normale utilizzo. In generale le strategie per prolungarne la durata sono quelle che da sempre si consigliano: lavarsi le mani prima di cominciare a suonare, pulire le corde con un panno dedicato o un prodotto specifico dopo aver finito di suonare e lasciare gli strumenti in ambienti protetti dall’eccessiva umidità o da agenti corrosivi.