Dentro il Compressore

Il compressore è un circuito che preleva il segnale in ingresso e fissa una soglia di intervento in dB. La sua azione avviene su due fronti: da un lato abbassa il livello del segnale quando esso oltrepassa la soglia prescelta, dall’altro alza il livello generale fin quando il segnale non la raggiunge. In questo modo crea un appiattimento della gamma dinamica del segnale, detto appunto “compressione”.

THRESHOLD (o SUSTAIN) è il parametro che definisce la “soglia di intervento”, cioè il livello che il segnale deve oltrepassare per innescare l’azione del circuito. Se lo poniamo ad esempio a -6dB il compressore agirà sul segnale ogni volta che il livello oltrepasserà tale soglia.

RATIO è il parametro che determina il rapporto di compressione, cioè l’entità della compressione stessa. Se lo regoliamo a 2:1 il livello di un picco si riduce della metà rispetto all’entità del suo “sforamento” del livello di soglia.
Per fare un esempio, se oltrepassiamo di 10dB la soglia il livello del segnale si riduce di 5dB (10/2).
Il rapporto di compressione può raggiungere anche livelli molto alti (>10:1), in questi casi però il compressore si trasforma di fatto in un LIMITER, in quanto il segnale non riesce mai ad oltrepassare il livello di soglia e tutti i picchi si assestano in pratica su quello stesso livello.
Viceversa, se ribaltiamo il rapporto di compressione facendolo diventare inverso (es.1:4) parliamo allora di effetto EXPANDER: il comportamento del circuito diventa speculare rispetto a quello della compressione, in quanto si riduce solo il livello delle porzioni meno udibili del segnale, facendo comportare l’effetto come un “noise suppressor” e portandolo ad incrementare la dinamica generale del segnale anziché comprimerla.

Vi sono poi i parametri che regolano la velocità di entrata in azione o di cessazione della stessa da parte del compressore.

ATTACK (tempo di attacco): un tempo molto breve fa entrare in funzione la compressione molto rapidamente, al punto che parte dell’attacco della nota può risultare troncato o comunque poco percepibile. Un tempo più lungo rende l’azione del compressore più graduale e meno evidente, perché il segnale ha il tempo di iniziare lo sforamento del livello di soglia prima di essere compresso.

RELEASE (tempo di rilascio): se è molto breve fa sì che il compressore si escluda in modo praticamente istantaneo appena il livello del segnale cala, riportando molto bruscamente il livello al valore originale. Se regolato più lungo rende l’azione più regolare e morbida, ma tende a prolungarla anche quando il segnale sia già abbondantemente tornato sotto la soglia di intervento. In questa condizione il compressore tende ad alzare il livello del segnale man mano che questo, tornato sotto soglia, si abbassa: azione utile nel caso in cui si voglia volontariamente allungare l’inviluppo di una nota, che paga però lo scotto di rendere evidenti anche i rumori di fondo normalmente appena percepibili (ecco perché così regolato il compressore “soffia”).

OUTPUT (o GAIN): è il parametro che stabilisce il fattore di amplificazione che applichiamo al segnale in uscita per compensare quanto perdiamo nella compressione. In caso di compressione lieve, però, questo parametro può trasformare il compressore anche in un valido booster.

USO DEL COMPRESSORE CON LA CHITARRA

In generale l’uso del compressore è molto creativo e si basa su scuole di pensiero opposte, entrambe accettate e legittime: la prima tende a farlo agire nella maniera più discreta possibile (io appartengo a questa) utilizzando un rapporto di compressione basso, tempi di attacco e rilascio medi e sfruttando le possibilità di boost offerte dalla regolazione del guadagno. Questo tipo di utilizzo tende a far risaltare l’attacco della nota e la pennata, risultando interessante anche per spingere dinamicamente gli overdrive, sia nel caso dei pedali, che del canale di un amplificatore, grazie al fatto che il livello di rumore introdotto dal compressore risulta relativamente contenuto.
La seconda scuola di pensiero vede il compressore come un vero e proprio scultore della forma d’onda e tende a farne un utilizzo più plateale. Il rapporto di compressione scelto è preferibilmente elevato, il tempo di attacco breve e quello di rilascio più lungo, per comprimere anche pesantemente il segnale e cercare di allungarne considerevolmente la durata dell’inviluppo, particolarmente ricercata nei soli distorti.
In questa condizione la dinamica del segnale è fortemente ridotta, per cui occorre compensare con il guadagno più per ricostruire una buona leggibilità del segnale, che per programmare eventuali azioni di boost nei confronti di ciò che segue nella catena di elaborazione, sempre possibili, ma penalizzate dal rumore di fondo che può diventare invadente.

catena di elaborazione di Helix con compressore in testa

Per quanto riguarda il routing, seguendo la scuola di pensiero “soft” grazie alle regolazioni non esasperate è possibile inserire il compressore sia prima che dopo la preamplificazione, con effetti diversi che vale la pena sperimentare, dato che introduce poco rumore di fondo. La scuola di pensiero “hard”, invece, suggerisce di posizionare il compressore come primo effetto della catena (eventualmente seguito da un noise gate), a causa della percentuale notevole di rumore introdotto, che rende poco conveniente l’utilizzo in punti più avanzati del percorso del segnale.