La regolazione dei livelli è un problema spesso presente tra gli utilizzatori di pedalboard digitali per almeno due motivi:
1) la disparità di volume (reale o percepito) tra una patch a l’altra, che crea problemi di interfacciamento con la consolle di mixaggio o durante la performance dal vivo
2) l’incertezza sull’effettivo raggiungimento del livello di uscita ottimale della macchina senza che si creino distorsioni non richieste
IL LIVELLO AUDIO IN ANALOGICO E IN DIGITALE
Per capire come regolarsi occorre innanzitutto fare chiarezza sull’argomento “livello audio” tanto in analogico, quanto in digitale.
Il mondo analogico è quello delle variazioni infinitesimali e della distorsione graduale degli ingressi: talmente “musicale” da aver dato luogo a ricerche di sonorità che ne contemplano lo sfruttamento creativo, spingendo il segnale volontariamente oltre le soglie di linearità dei componenti dei preamplificatori.
Il mondo digitale è diverso: le conversioni A/D – D/A (da analogico a digitale e viceversa) necessarie si basano sulla rappresentazione matematica del segnale analogico, che viene “fotografato” oltre 40.000 volte al secondo in istantanee successive effettuate ad intervalli regolari, analizzato, tradotto in dati numerici e poi ricostruito nella sua continuità (mediante l’inevitabile immissione di dati arbitrari calcolati in modo probabilistico).
In questo ambito la distorsione coincide con la soglia oltre la quale le apparecchiature non sono più in grado di analizzare tale segnale senza immettere errori numerici. Tali errori compaiono d’improvviso, in modo invadente e si traducono in artefatti assai sgradevoli all’udito che nessuno di noi vorrebbe ascoltare.
GAMMA DINAMICA ED HEADROOM
La differenza di approccio allo stesso argomento tra sfera analogica e digitale rende assolutamente fondamentale l’importanza nel mondo digitale del concetto di “headroom”, ovvero del range di livello entro il quale il segnale può essere gestito senza errori. Questo infatti è il range dinamico all’interno del quale è assolutamente necessario operare e cercherò ora di spiegare perché.
Differentemente dalla dinamica dell’audio analogico, che come abbiamo visto è ampia, flessibile e passibile di forzatura, quella dell’audio digitale è determinata dal numero di bit a disposizione ed è estremamente rigida. 24bit corrispondono circa a 144dB di range teorico del segnale (calcolati rispetto al livello del rumore di fondo).
In ambito analogico l’unità di misura del livello audio è il Decibel (dB) e l’indicazione 0 dB dei classici Vu-meter rappresenta il livello ottimale medio del segnale. Come abbiamo già accennato è pratica comune in analogico forzare volontariamente il livello fino a valori ben più alti, anche oltre +20dB, potendo far conto sull’estrema gradualità della comparsa di una distorsione per molti versi percepita come musicale e poco fastidiosa fin quando i valori sono contenuti.
Per le ragioni esposte più sopra, vale a dire per la mancanza di gradualità e musicalità della distorsione, in digitale la filosofia è del tutto differente: l’indicazione in dB del livello audio viene sostituita dai dBFS, ovvero dai decibel a Fondo Scala. Il fondo scala rappresenta quel tetto, invalicabile e da non raggiungere mai, oltre il quale si verifica l’introduzione secca di errori di dati erronei da parte dei convertitori A/D – D/A.
Maggiore è la qualità dei convertitori e più alto risulta tale tetto.
SFRUTTARE LA GAMMA DINAMICA
Lavorando a 24 bit lo zero del Vu meter analogico corrisponde circa a -18dBFS, con una possibilità di escursione non troppo generosa, che per restare in territori sicuri non dovrebbe oltrepassare i -12dBFS, lasciando la possibilità anche ai picchi istantanei del segnale di essere codificati senza errori.
Lavorando a 16bit l’headroom diminuisce e lo zero del Vu meter corrisponde a -12dBFS, con tutte le limitazioni che ciò comporta. Ecco perché, nonostante una conversione digitale a 16bit e 44.1kHz del segnale audio sia già ampiamente in grado di rappresentare fedelmente l’intero spettro delle frequenze udibili, è decisamente consigliabile lavorare a 24bit.
Tra l’altro questi 24 bit non sono del tutto effettivi, in quanto il segnale contiene una percentuale di artefatti creati dalla conversione (aliasing), che vengono eliminati aumentando la frequenza di analisi del segnale (sovracampionamento). Il processo è gestito internamente dai DSP, ma finisce col far perdere alcuni bit di risoluzione (equivalenti a 12dB circa di dinamica utile, dei 144 teoricamente a disposizione) che riducono la gamma dinamica teorica.
IL CONTROLLO DEI LIVELLI NELLE PEDALBOARD DIGITALI
Programmando le pedalboard digitali l’attenzione da rivolgere ai livelli si articola su più piani.
Come abbiamo visto, il digitale non ammette vie di mezzo tra linearità e distorsione e differentemente dall’analogico non genera una distorsione musicalmente interessante. Pertanto occorrerà tenersi sempre su livelli di sicurezza che scongiurino del tutto tale eventualità.
I software delle pedalboard danno accesso a molti punti di regolazione dei livelli, che vanno da quelli di ingresso dello strumento a quelli dei singoli effetti, dalle regolazioni delle catene di effetti ai livelli di uscita generali dei dispositivi. E’ dunque importante verificare che ciascuno di questi stadi sfrutti la parte utile del range dinamico senza che vengano mai oltrepassati i valori critici di soglia: la pratica è detta “gain stage” e la si può eseguire ad orecchio, facendo generare allo strumento più potente che possediamo il livello di segnale più alto possibile e controllando che non si generino slabbrature, oppure in modo assai più preciso, come vedremo tra poco.
Dobbiamo tenere d’occhio il riferimento dello “0 dB” digitale se vogliamo lasciare abbastanza headroom per gestire in sicurezza eventuali picchi di segnale. Allo stesso tempo, non pagherà la prudenza eccessiva: come accennato più sopra, infatti, dobbiamo sfruttare a dovere l’headroom disponibile e la risoluzione in bit, di per sè invalicabili, per massimizzare il range dinamico utile del segnale.
Dobbiamo dunque aver cura di non sforare i limiti, ma anche di allontanarcene quanto necessario a non incorrere nella distorsione, non di più.
Una volta eseguito tale controllo in ogni patch saremo certi di sfruttare correttamente la gamma dinamica a disposizione e di avere allontanato allo stesso tempo il pericolo di insorgenza di fastidiose distorsioni digitali. Le uniche distorsioni che ascolteremo saranno quelle che abbiamo intenzionalmente programmato attraverso i modelli simulati offerti dalla pedalboard.
IL LIVELLO DELLE PATCHES
La seconda questione riguarda l’omogeneità dei livelli di uscita tra le varie patches.
L’unità di misura del volume percepito (loudness) del segnale audio è LUFS (unità di volume a fondo scala), indicata anche come LKFS (dove K sta per “K-weighted”, cioè “pesata”, calibrata sulla risposta dell’orecchio umano). Si tratta sempre di una misurazione di ampiezza del segnale, ma effettuata mediante una media integrata nel tempo che tiene conto sia delle frequenze contenute nel segnale, che della loro percepibilità.
Contenere il livello complessivo medio di uscita di tutte le nostre patch nel range dei -20 LKFS è una pratica consigliabile che ci mette al riparo da errori grossolani e da distorsioni indesiderate.
Per raggiungere questo obiettivo dovremo far suonare ogni patch che abbiamo memorizzato spingendo al massimo le pennate con tutti gli effetti attivati, verificando nel contempo che i livelli di LKFS “integrati” restino compresi entro il range che abbiamo definito. Se non lo sono dobbiamo agire su una delle regolazioni del livello digitale presenti nel software di programmazione della pedalboard.
Attenzione a non considerare eventuali controlli analogici presenti, ma regolazioni digitali che agiscano all’interno del DSP a valle degli effetti di preamplificazione (in modo da non incidere su eventuali rapporti tra booster, overdrives e controlli degli amplificatori emulati) e che ci portino ad uniformarci al livello stabilito.
Una volta calibrato correttamente il livello massimo generato dalla patch possiamo gestire eventuali altre situazioni programmate nella stessa (es: gli snapshot di Line6) con livelli a scalare.
Dobbiamo eseguire gli stessi controlli per ogni patch presente nella macchina. Una volta finito, il passaggio tra una patch e l’altra non comporterà più variazioni percettive esasperate del livello di uscita.
UNO STRUMENTO GRATUITO PER IL CONTROLLO PRECISO
Per avere il controllo di questi fattori risulta molto utile utilizzare un software di analisi dei livelli audio esistenti, misurando preferibilmente il segnale in ingresso al PC attraverso la porta USB della pedalboard stessa, se disponibile, allo scopo di tagliare fuori i convertitori della scheda audio del PC e non dipendere nè dai livelli audio analogici della pedalboard, nè da quelli di ingresso della DAW.
I softwares disponibili sono tanti… tra quelli più efficaci, per di più del tutto gratuito, c’è senza dubbio Orban Loudness Meter, che misura con precisione sei diversi tipi di livello in ingresso, (in particolare ci interessano la terza e la quarta indicazione, cioè la misura integrata del loudness espressa in LKFS e quella del VU in dBFS) dandoci tutte le informazioni delle quali abbiamo bisogno per le nostre verifiche.
Lo si può scaricare liberamente all’indirizzo: https://www.orban.com/freeorbanloudnessmeter