Che si parli di chitarra classica, acustica, a risonatore, elettrica semiacustica o solidbody, resta fondamentale un fatto: il suono dello strumento si genera attraverso la vibrazione delle corde.
Nello strumento acustico tale vibrazione è amplificata in aria dalla tavola armonica, mentre in quello elettrico essa viene captata e trasformata in segnale elettrico dai pickup.
Analizzare dunque in che modo ed attraverso quali parametri le corde influenzino il suono non credo sia di poco conto e di seguito vedrò di schematizzare nella maniera più semplice quanto accade e secondo quali regole.
Le corde posseggono sostanzialmente quattro principali caratteristiche che ne determinano la risposta alla sollecitazione del musicista, ovvero la vibrazione: lo spessore, il materiale del quale sono composte, lo stato di usura nel quale si trovano e la presenza eventuale di rivestimento protettivo.

SPESSORE
Le corde sono commercializzate singolarmente o più comunemente in mute, calibrate in sezione dalla prima alla sesta. Lo spessore influenza indubbiamente il tipo di suono che lo strumento produce: in generale corde più spesse identificano infatti suoni più scuri e corposi, mentre corde più sottili danno luogo a sonorità più brillanti ed esili. Ciò accade perché le corde di sezione più generosa creano maggior tensione sul manico ed acquistano di conseguenza un maggior livello di energia, vibrando quindi più intensamente ed a lungo.
Nel caso dello strumento elettrico con lo spessore aumenta la massa metallica in grado di influenzare il campo magnetico del pickup, che di conseguenza genera un segnale di entità più consistente.
Nello strumento acustico, invece, un maggior quantitativo di energia meccanica di vibrazione viene trasmesso alla tavola armonica e da essa amplificato in aria.
Corde più sottili migliorano indubbiamente la suonabilità dello strumento, ma possedendo minore massa, acquistano meno energia e tendono quindi a vibrare per un tempo più breve.
Il bilanciamento migliore tra comodità, frequenze enfatizzate e durata della vibrazione si ottiene con mute di calibro 0.010 sull’elettrica e 0.013 sull’acustica, ma è comunque importante provare varie configurazioni, al fine di identificare quella che meglio incontri il proprio gusto ed il proprio modo di suonare.
MATERIALE
Eccezion fatta per la produzione dedicata alla chitarra classica, le corde sono normalmente costituite da un filo di acciaio. Questo vale sia per i “cantini”, che per i bassi”, con la differenza che questi ultimi (3 corde sull’elettrica, 4 sull’acustica o nelle mute da jazz) sono ricoperti da uno strato ulteriore, avvolto esternamente, che ne aumenta lo spessore e viene realizzato in leghe metalliche diverse. In queste corde il filo interno di acciaio (in inglese chiamato “core”) può essere di sezione circolare oppure esagonale.
I materiali più comunemente utilizzati per la ricopertura nel caso della chitarra elettrica sono l’acciaio e il nickel, usati in esclusiva oppure in combinata per ottenere sonorità differenti.
L’acciaio produce un suono tendenzialmente brillante, ottimo per dare risalto allo strumento in una performance dal vivo. Rappresenta una scelta preferenziale per chitarristi solisti tanto nel rock, quanto nel metal. Le corde ricoperte in nickel, d’altro canto, sono più calde e morbide e risultano quindi meno aggressive. Sono ottime per chitarristi accompagnatori o che suonano in ambiti musicali meno distorti, che vanno dal rock leggero al blues fino al jazz.
Il rivestimento delle corde ricoperte può avere caratteristiche differenti: se il materiale è di sezione circolare la superficie che crea è ruvida, zigrinata e le corde sono dette “roundwound”, se il materiale di copertura è di sezione trapezoidale parliamo di corde “half-round” e se la superficie esposta è del tutto piatta (sezione rettangolare) abbiamo corde “flatwound”. Dal punto di vista sonoro ciò che cambia è principalmente il feeling sotto le dita, con una sonorità più pulita e morbida per le corde flatwound (preferite da molti chitarristi jazz), che però tendono ad essere meno pronte e soffrono spesso di un degrado anticipato rispetto ad altri tipi di corda specie sulle corde basse, che tendono a diventare poco reattive.

Queste descrizioni e rilevazioni di pregi e difetti hanno in realtà un valore soltanto indicativo, in quanto le scelte pratiche dei musicisti sono le più varie, indipendentemente dai generi suonati.
Nel caso della chitarra acustica i materiali più tipici sono l’acciaio ricoperto in bronzo o in ottone.
L’applicazione della ricopertura in bronzo produce un effetto simile a quello delle corde in nickel per elettrica, dando luogo a suoni più caldi e morbidi. Al contrario, la ricopertura in ottone produce armoniche alte più definite, per cui è bene non scendere troppo in spessore, al fine di evitare suoni troppo sottili ed acidi.
Le corde per chitarra classica sono un capitolo a parte, in quanto non sono dedicate alla trasduzione da parte dei pickup magnetici. Non possiedono un nucleo in acciaio e un tempo erano realizzate in budello animale. Oggi i cantini sono realizzati in nylon e i bassi constano di un fascio di polimeri plastici o comunque sintetici ricoperti in materiale metallico scarsamente ferromagnetico. Non sono in grado di far generare segnale ad un pickup magnetico e la loro vibrazione viene amplificata esclusivamente dalla tavola armonica oppure trasdotta da sensori piezoelettrici (sensibili alla pressione) o dai classici microfoni in ambiente.
Per i suoni valgono le stesse considerazioni fatte nei confronti delle corde per acustica, tranne per il fatto che sono di sezione maggiore ed hanno in partenza un suono molto più caldo delle corde con anima metallica. La composizione del materiale plastico determina differenze sonore evidenti anche sui cantini, che possono essere in partenza più o meno brillanti a seconda delle scelte del costruttore.
STATO DI USURA
La vita di qualsiasi corda è condizionata da vari aspetti: abbondanza e composizione chimica del sudore delle mani, presenza di umidità o vicinanza al mare, frequenza di utilizzo e pressione applicata dalla mano sinistra del chitarrista sono tutti fattori che incidono sulla corrosione, sul consumo, sulla regolarità della forma e sulla deposizione di strati di sporcizia costituiti da un mix di polvere, sostanze grasse e cellule epiteliali.

Per questo insieme di motivi corde vecchie e corde nuove suonano in modo assai differente.
Corde vecchie ed usurate tendono a suonare spente, con scarsa vitalità ed armoniche alte progressivamente meno in vista. A volte la regolarità della vibrazione subisce delle alterazioni e compaiono così artefatti che rendono stonata la parte alta del manico o si cominciano a creare aree di corrosione o consumo sufficientemente profonde da diventare spiacevolmente sensibili anche sotto le dita. In generale, le corde usurate tendono a mantenere l’accordatura con maggiore difficoltà.

Dare indicazioni generalizzate su quanto tempo possa durare una muta di corde non è facile. La statistica parla di una durata media di circa 100 ore di utilizzo o 4 mesi di permanenza sullo strumento, ma la funzionalità varia a seconda dei fattori nominati all’inizio di questo paragrafo: prodotti di alta qualità hanno durata senz’altro maggiore.
Ricapitolando, i segnali inequivocabili di invecchiamento di una corda sono:
– timbrica che tende a diventare piatta e poco vitale
– irrigidimento (per lo più a causa della corrosione, ma anche della sporcizia che si accumula) e vibrazione via via meno regolare
– accordatura che diventa poco stabile o non costante su tutto il manico
Esistono in effetti metodi semplici atti ad allungare la vita delle corde. Può contribuire ad esempio lavare accuratamente le mani prima di suonare, tenere la chitarra in custodia per evitare l’accumulo della polvere sulle corde, limitare l’ossidazione con prodotti dedicati e tenere pulita la tastiera.
In alternativa è possibile utilizzare corde trattate in fase di produzione con l’applicazione di un rivestimento protettivo.
STRATO DI RIVESTIMENTO
L’ultimo aspetto attraverso il quale le corde esercitano la loro influenza sulla timbrica è lo strato protettivo che può essere applicato esternamente e con il quale alcuni prodotti sono equipaggiati al fine di prolungarne la durata. Si tratta di un fenomeno relativamente recente in quanto prodotti di questo tipo non sono da molto in commercio, ma la loro diffusione è un trend in atto, dati i risultati interessanti che essi permettono di ottenere.

Una corda “rivestita” subisce un trattamento superficiale che consiste nella deposizione di uno strato di polimero plastico, che di norma è essenzialmente Teflon. Lo scopo primario di questo strato è quello di evitare la corrosione che, come abbiamo visto, assieme alla sporcizia rappresenta uno dei fattori che impattano negativamente sulla prestazione delle corde stesse, limitandone ampiezza, durata e regolarità della vibrazione.
Dunque una muta di corde rivestite dura più a lungo e mantiene per un tempo maggiore la sua timbrica iniziale.
I produttori si stanno attualmente misurando nel mettere a punto rivestimenti dalle caratteristiche sempre più adatte a conservare la timbrica originale di una corda nuova, per cui si sono affacciate sul mercato diverse tecniche di rivestimento e polimeri dalle caratteristiche migliorate allo scopo di non snaturare la timbrica di partenza e di allungare contestualmente la durata della corda. Quello delle corde rivestite è per questo un settore in rapida evoluzione che è senz’altro bene tenere d’occhio. Nel caso del possesso di più strumenti, ciascuno dei quali non utilizzato quotidianamente, sono una scelta assolutamente da consigliare. Personalmente ne faccio uso da tempo con grande soddisfazione.